UNA GENERAZIONE DIMENTICATA – GLI OVER 30

di Franco Torchia

Uno dei più importanti, se non addirittura il più importante, tra gli indicatori economici a cui far riferimento per comprendere lo stato di salute di un Paese è quello relativo al mondo del lavoro. Sostanzialmente la rilevazione dell’Istat sulle forze di lavoro viene effettuata intervistando ogni trimestre un campione di quasi 77 mila famiglie, pari a 175 mila individui residenti in Italia. Ed anche se riteniamo che il campione, affinché sia effettivamente rappresentativo della realtà italiana, dovrebbe essere più ampio, lo prendiamo per buono.

Riteniamo però necessario fissare alcuni importanti paletti.

Nelle varie rilevazioni dell’Istat sugli indici di occupazione e di disoccupazione le principali classi di età partono da 15 anni. Quindi oltre a considerare la fascia più larga compresa tra i 15 e i 64 anni, l’Istat considera anche le fasce comprese tra i 15 e i 24 anni, tra i 15 e i 29 anni, tra i 15 e i 34 anni. Difficile comprendere dove siano le differenze, quando il punto di partenza di una rilevazione è sempre lo stesso. La statistica nazionale gioca molto sui numeri e sui trucchi per rendere spesso incomprensibile la loro lettura.

Comunque mi pare lapalissiano che nella fascia compresa tra i 15 e i 24 anni la percentuale di occupati sia bassissima (16,5%) mentre quella dei disoccupati sia più alta rispetto alle altre fasce (37,8%), in quanto gran parte dei giovani considerati non cerca lavoro perché in genere impegnata nella scuola o nelle università.

Ovviamente la rilevazione dell’Istat è necessaria al fine di comprendere quanto siano le persone che entrano nel mondo del lavoro in età molto giovane. Ma la nostra attenzione deve essere rivolta principalmente a quella che dovrebbe rappresentare indiscutibilmente LA VERA FORZA LAVORO DI UN PAESE e cioè quella che si concentra sostanzialmente nella fascia di età compresa tra il 25 e i 50 anni.

Quindi per noi la vera rilevazione, quella che conta, riguarda l’età compresa tra i 25 e i 34 anni e se vogliamo fino a 50 anni. Ed è proprio su questa fascia che vogliamo focalizzare il nostro interesse. Ebbene l’Istat in qualche modo ci viene incontro e ci aiuta a leggere i numeri con chiarezza, senza alcun trucco o artifizio.

Negli ultimi anni ci si è dati un gran da fare per spiegare al popolo italiano del grande successo della riforma del lavoro del governo Renzi (il Jobs Act introdotto nel 2015).

Ma dalle rilevazioni non riesco a capire tutto questo entusiasmo che viene da gran parte del mondo politico vicino al Governo. Anzi, nei numeri dell’Istat si legge il vero dramma del nostro Paese, la vera emergenza.

GUARDIAMO ALLA FASCIA DI ETÀ TRA I 25 E I 34 ANNI.

Gli occupati nel 2013 erano il 60.1% mentre nel 2016 erano il 60,3%, appena lo 0,2% in più. I disoccupati nel 2013 erano il 17,7% così come nel 2016. Ed anche se le percentuali sembrano immutate, sostanzialmente il dato complessivo è negativo in quanto gli occupati sono 134.250 (3%) in meno. I giovani che non cercano lavoro e non sono nemmeno impegnati in attività formative o scolastiche (i cosiddetti NEET) erano il 31,5% nel 2013, mentre erano il 31,4% nel 2016. Consideriamo anche la fascia di età compresa tra i 35 e 49 anni. Nel 2013 gli occupati erano il 72,3%, nel 2016 erano il 72,4% I disoccupati nel 2013 erano il 9,4 %, nel 2016 erano 9,5%. Anche qui non è cambiato nulla nelle percentuali, ma il dato numerico è ancora più negativo rispetto alla fascia precedente in quanto gli occupati sono 381.750 (3,8%) in meno.

COME SI PUÒ QUINDI ESULTARE DI FRONTE AD UN RISULTATO DEL GENERE?

Se i numeri sono quelli che abbiamo letto noi, qui c’è un Paese fermo da quattro anni, mentre di fianco a noi gli altri treni sfrecciano velocemente. Ed anche gli ultimi dati sul calo dei consumi nel mese di luglio, NONOSTANTE I SALDI ESTIVI, non ci fa ben sperare.

ATTENZIONE QUINDI ALLE ILLUSIONI!

Il Governo, come anche altre istituzioni vedono il Pil all’1,5% nel 2017, ma la crescita economica di un Paese non si può considerare sicura, se tale percentuale non si consolida ed anzi le prospettive per il 2018 e 2019 appaiono meno rosee di quelle di quest’anno. Soprattutto non bisogna dimenticare che il debito pubblico anziché ridursi continua inesorabilmente a salire. Né si intravede traccia alcuna nelle proposte che girano relativamente alla prossima legge di Bilancio che ci faccia positivamente sperare in una pur minima inversione di tendenza.

Il nostro auspicio è che il Governo non si faccia attrarre dalle sirene della spesa facile e che non riempia anche questa legge di bilancio di bonus senza alcuna finalità. E’ invece sicuramente utile e necessario che il Governo nel piano del lavoro che sta preparando alzi la soglia del bonus assunzioni da 29 a 35 anni, proprio per non abbandonare una generazione che non riesce ad intravedere nessuna via di uscita da questa endemica crisi economica che sta diventando crisi esistenziale e che potrebbe portare alla rottura definitiva dei precari equilibri tra le generazioni, penalizzando soprattutto, come abbiamo visto,  quella che dovrebbe rappresentare l’ossatura economica del Paese.

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