LA CRISI DI GOVERNO

L’analisi politica di Franco Torchia pubblicata sul quotidiano on line “L’opinione delle libertà” del 26 gennaio

TU QUOQUE, GIGINO, FILI MI!

Le Idi di marzo per Giuseppe Conte sono diventate le Idi di gennaio.

Al presidente del Consiglio domenica sarà andato il pranzo di traverso ad ascoltare l’intervista di Lucia Annunziata a Luigi Di Maio il quale ha lanciato a Conte e alla maggioranza uno lugubre messaggio: “Se non ci sono i voti sulla giustizia, non ci saranno neanche per il Conte ter”. Lo “stiamo scivolando verso le elezioni” pronunciato dal ministro degli Esteri, unitamente ad altre dichiarazioni di pentastellati, sembrava volesse assestare il colpo finale ai governi a guida Conte. In sostanza, dall’intervista del leader pentastellato appariva chiara l’intenzione di mettere fuori gioco il premier e di spingerlo verso il voto in aula sulla relazione del guardasigilli sapendo di andare incontro verso una sicura bocciatura. Ancora più pleonastico quel “tra Conte e Matteo Renzi noi sceglieremo sempre Conte”, sapendo che senza Italia Viva non c’erano i numeri in Parlamento.

La lettura dei giornali di ieri ha fatto il resto. A fare da eco a Di Maio il viceministro Giancarlo Cancelleri secondo il quale, pur di mantenere in vita la legislatura, i 5 Stelle sarebbero pronti a sacrificare anche lo stesso Alfonso Bonafede che, tradotto in cifre vuol dire: “Tra elezioni anticipate e Conte i Cinque Stelle sono pronti a sacrificare Conte”. A chiudere il cerchio, i messaggi inequivocabili di Renzi a favore di un Governo a guida Di Maio. Giuseppe Conte in questi due anni ha imparato molto bene l’arte del dire e del non dire e da tempo aveva smesso di fidarsi della sua stessa maggioranza. E ieri l’idea di finire la sua carriera impallinato proprio dai suoi, soprattutto dopo i primi distinguo anche in casa Partito Democratico, non gli è andata a genio e ha deciso di dare una accelerazione alla crisi, anticipando tutti. Sarebbe salito al Quirinale ieri sera ma la solita imprudenza di Rocco Casalino nell’avvertire il Colle, senza la doverosa telefonata di Conte al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha indispettito il Cerimoniale, che ha fatto slittare a stamattina l’incontro con il capo dello Stato.

Il premier vorrebbe disinnescare le mine che lo stesso Movimento 5 Stelle ha disseminato sul suo cammino in questi ultimi due giorni. Conte ha subodorato che si stanno facendo degli accordi alle sue spalle ed ha compreso che, nonostante le dichiarazioni di facciata delle ultime ore dei tre partiti che sorreggono il suo Governo, la sua strada è veramente in salita. Il premier sicuramente in cuor suo spera di ottenere un nuovo incarico dopo un breve giro di consultazioni ma sa anche che prima dovrà sciogliere alcuni nodi fondamentali che riguardano essenzialmente i rapporti con Renzi considerato ormai un vero nemico, né può pensare di aprire a Silvio Berlusconi e tenere fuori Italia Viva. Mattarella sa che senza una base parlamentare ampia che affronti l’emergenza e soprattutto dia risposte concrete sul Recovery Plan all’Europa, ed una accelerazione alla campagna vaccinazioni che rischia addirittura di fermarsi, non ci saranno né i voti di Renzi né quelli di Forza Italia. E i cosiddetti “costruttori” – che non hanno ancora acquisito una chiara fisionomia politica – non potranno nemmeno essere convocati, almeno ufficialmente, al Quirinale.

Da parte sua, Italia Viva dovrà uscire dall’equivoco e spiegare in modo definitivo e chiaro che il problema non è soltanto il Mes ma anche lo stesso Conte. Renzi deve conquistare uno spazio politico che il Governo Conte da lui stesso sponsorizzato gli ha portato viva. Con le dimissioni dei suoi ministri, ha riaperto in qualche modo i giochi, ma adesso non può tornare sui suoi passi, per evitare di finire ai margini e quindi insignificante rispetto alla soluzione della crisi. Deve pertanto insistere su un Governo più forte, con una maggioranza allargata, sapendo che questo passa per un premier diverso. C’è infatti grande incompatibilità tra un Conte ter ed un governo di salvezza nazionale, attorno al quale si potrebbe costruire un percorso condiviso anche con una parte significativa dell’opposizione. Né vale l’obiezione secondo la quale la popolarità di Conte sia elevata, perché non potrebbe essere altrimenti, in quanto il premier rappresenta il governo e quindi quella parte di italiani che si riconoscono nei partiti della maggioranza oltre a quanti, di fronte alla pandemia, preferiscono lo status quo anche con un Governo debole pur di non mandare il Paese alle elezioni anticipate.

Il capo dello Stato dovrà pertanto rivolgere un appello a tutte le forze politiche disponibili a far proseguire la legislatura e creare le condizioni per coinvolgere anche la Lega e Forza Italia attorno ad un esecutivo di “salvezza nazionale” o “di larghe intese”. Senza questa soluzione la strada maestra è quella di un Governo istituzionale che porti il Paese alle urne in tempi assolutamente ravvicinati. Comunque sia, la parabola del premier Conte è arrivata al capolinea.

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