I TRE PUNTI DI GALLI DELLA LOGGIA

Post di Franco Torchia

Il problema dei migranti, che, soprattutto dopo i fatti di Macerata, è entrato di prepotenza al centro di questa campagna elettorale, è stato oggetto di riflessione da parte di Ernesto Galli della Loggia.
Sul corriere della sera di ieri il politologo individua tre punti fondamentali per affrontare questo problema e si pone una domanda ricorrente: possibile che di fronte a certi reati commessi per lo più da stranieri non si possa fare proprio niente ?
Galli della Loggia ritiene che l’aumento dei reati da stranieri sia dovuto essenzialmente a tre cause fondamentali e connesse tra di loro: l’isolamento e il peso politico dei territori, l’incertezza della sanzione, l’incapacità del nostro Paese di fare integrazione.
Pur condividendo i punti indicati non posso convenire con le soluzioni indicate dall’editorialista.
Non penso infatti che su questo specifico problema il ruolo delle amministrazioni locali, sindaci e presidenti di regione sia secondario rispetto a quello dell’autorità nazionale e non ritengo nemmeno che i territori siano “privi di un’autentica rappresentanza politica”.
Anzi è proprio il contrario. Oggi i sindaci, sia per le competenze sia per il potere gestionale, contano più dei parlamentari ed i presidenti di regione più dei ministri.
Infatti il problema non è l’assenza di “un’autentica rappresentanza politica “ di questi organi amministrativi quanto piuttosto le politiche governative fin qui realizzate che mal si conciliano con le esigenze delle amministrazioni locali di programmare lo sviluppo sulla base delle risorse umane e finanziarie di cui dispongono.
I prefetti, che sono il braccio operativo del ministro dell’Interno, sono i primi responsabili della ripartizione degli immigrati sul territorio nazionale. Questi spesso affrontano il problema in completa autonomia e senza sentire il dovere di consultare i sindaci.
E’ qui il vero vulnus della politica governativa sulla gestione del fenomeno dell’accoglienza che non è certamente secondo a quello finale dell’integrazione.
Le pastoie burocratiche di cui parla Galli della Loggia si potrebbero superare se ci fosse però una gestione oculata dell’accoglienza e dell’assegnazione dei migranti, tenendo conto in modo inderogabile del rapporto immigrati-popolazione che deve essere ben tollerato dal territorio.
Quando nel 2011 il flusso migratorio è stato affrontato dalla Protezione Civile in raccordo con le Regioni e quindi con i sindaci, il controllo e la ripartizione fatta in sede di Conferenza Stato Regioni si svolsero in modo regolare ed equilibrato.
Da quando la Protezione civile è stata esautorata e le competenze restituite al Ministero dell’Interno e quindi alle prefetture il fenomeno è diventato ingestibile.
Non entro nel merito del 2° punto indicato nell’editoriale perché ritengo che non sia necessario un inasprimento delle pene né sia possibile, alla luce dell’attività pregressa del ministro Minniti, ritenere che questi possa essere in grado di chiedere ai Paesi di provenienza dei migranti di accettare di far scontare nelle patrie galere le pene comminate dalla magistratura italiana. Ricordiamo che è stato un flop il suo accordo con le tribù libiche per fermare il flusso migratorio, che si è rallentato soltanto dopo il caso delle ONG.
In tale senso, bisognerebbe intervenire con un provvedimento legislativo. Tanto varrebbe modificare il codice penale e prevedere che lo straniero che compie un reato in Italia sia processato direttamente nel Paese di origine e secondo le leggi di quel Paese, che sono sicuramente più pesanti di quelle italiane e dove la detenzione diventa certa.
E’ questo che dovrebbe fare il nostro Governo e non limitarsi a delegare la politica estera e della Giustizia al ministro dell’Interno.
Sarebbe sicuramente più efficace e ci sarebbe anche l’opportunità di alleggerire i nostri tribunali da questi innumerevoli ed inutili procedimenti giudiziari.

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