LE MISURE PIU’ IMPORTANTI DEL DECRETO RILANCIO
UN PAESE FRASTORNATO ED IMMOBILE DAVANTI AL PRECIPIZIO SPRECA ENORMI RISORSE FINANZIARIE
di Franco Torchia
Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del Governo cosiddetto “Rilancio”, sottoposto ad un rigoroso controllo della Ragioneria sulle coperture finanziarie, ci siamo procurati il tempo di esaminarlo, cercando per quanto possibile di comprendere, attraverso una lettura più attenta delle misure economiche, se gli obiettivi fissati possano essere realizzati secondo i desiderata del Governo.
La prima certezza è che si tratta di una manovra considerevole per complessivi 155 miliardi di cui 100 in termini di saldo netto da finanziare e 55 in termini di indebitamento netto.
Essa si aggiunge ai 25 miliardi già autorizzati a copertura delle misure contenute nel decreto n. 18 del 2020 detto “Cura Italia”.
Ricordiamo che il Governo, dopo che la Commissione europea aveva attenuato i vincoli del Patto di stabilità, a fine aprile ha chiesto e ottenuto dal Parlamento, attraverso una integrazione al Def 2020-2023, l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento.
La seconda considerazione è che i 266 articoli del decreto che contengono centinaia di interventi, con l’intento di far fronte alle emergenze economiche derivanti dalla pandemia in atto, distribuiscono le ingenti risorse in mille rivoli.
Per un esame complessivo del provvedimento rimandiamo i nostri lettori alla seconda parte di questo articolo.
Il nostro principale obiettivo è comunicare agli amici che ci leggono l’inconsistenza dei provvedimenti che il Governo ha adottato per riparare ai danni provocati dalla pandemia.
Dopo aver visto i numeri più importanti del decreto non possiamo non inquadrarlo insieme agli altri due come provvedimento tampone e comunque totalmente insufficiente.
Nemmeno comprendiamo come il Governo abbia potuto pensare con questo decreto di poter incidere sul tessuto produttivo al punto da rilanciare l’economia del Paese.
Sicuramente il Governo pare ce la stia mettendo tutta, ma è davanti agli occhi di tutti come non sia capace di andare oltre.
Del resto non riesce nemmeno a dare il titolo giusto ai suoi provvedimenti.
Ha denominato “Cura Italia”, il primo decreto legge finanziato con 25 miliardi che sono serviti per dare un po’ di liquidità ai lavoratori con il bonus da 600 euro e qualche prestito bancario alle imprese esplicando i suoi effetti in ritardo ed in modo insufficiente.
Il Decreto liquidità ha fallito miseramente perché aveva l’ambiziosa pretesa di garantire alle imprese 400 miliardi di prestiti con un investimento di meno di tre miliardi.
La liquidità invece è arrivata con il “Decreto Rilancio” che purtroppo non ha le potenzialità per rilanciare alcunché.
L’impatto della pandemia sull’economia è devastante non a caso si è parlato di economia di guerra ed i danni complessivi al sistema non sono stati ancora valutati nella loro interezza.
Le previsioni fatte dal Governo a fine aprile con l’aggiornamento del Def 2020-2023 sono completamente da rivedere al ribasso.
Il Governo ha stimato una diminuzione del 7,4 % dei consumi finali delle famiglie nel 2020.
Probabilmente pensava che le misure adottate con i tre decreti potessero frenare l’ondata recessiva.
Purtroppo il nostro timore è diventato certezza, dopo aver letto un decreto che, invece di rilanciare il Paese, potrebbe addirittura farlo sprofondare definitivamente.
Quello che ci fa più preoccupare sono le proiezioni che riguardano il Pil ed il debito pubblico.
Il Pil nominale nel 2019 si è attestato ad euro 1.787 miliardi ed il debito pubblico italiano era di 2.409 miliardi con un rapporto debito Pil del 135%.
Secondo le previsioni del Governo nel 2020 il Pil sarebbe calato del 7%, quindi pari a 1.661 miliardi ed il debito pubblico al 155,7% del Pil.
Bankitalia, Fondo Monetario Internazionale e Commissione europea danno invece il calo del Pil attorno al 10%, pari quindi a 1.608 miliardi.
Alla luce del nuovo livello di indebitamento ed in conseguenza della soppressione delle clausole di salvaguardia riteniamo più possibile un debito che si attesti quest’anno al 165% del Pil.
La relazione del Governo allegata al DEF che ha autorizzato il Governo a ricorrere all’indebitamento non lo ha fatto solo per 55 miliardi come da più parti si va cianciando, ma per complessivi 440 miliardi da qui al 2032. Una cifra colossale che corrisponde al 25% del Prodotto Interno Lordo.
Significa in pratica che il governo ha vincolato le leggi finanziarie dei prossimi 10 anni quando il debito pubblico si potrebbe attestare attorno ai 3.000 miliardi di euro.
Il quadro quindi si presenta molto preoccupante tanto da allarmare la stessa BCE e spingere il Washington Post a definire il debito italiano una “bomba ad orologeria”, altro che sostenibilità.
I giudizi sul nostro Paese non vengono fatti certo a cuor leggero.
Si guarda con molta perplessità alle misure che il governo ha adottato per rimettere in moto l’economia soprattutto perché è completamente assente un quadro complessivo di sviluppo del Paese.
Non ci sono investimenti pubblici sostanziali, e quando ci sono privati che vorrebbero farlo vengono aggrediti pregiudizialmente senza pensare al bene del Paese.
I cantieri sono completamente fermi nonostante siano finanziati per centinaia di miliardi.
La sensazione è quella di un Paese frastornato ed immobile che non riesce ad impostare concretamente un progetto di vero rilancio dell’economia e stia invece semplicemente sprecando enormi risorse finanziarie.
Peccato perché potrebbe essere veramente l’occasione giusta per realizzare quel famoso pacchetto shock da più parti invocato in grado di far vincere la partita della vita.
Anche perché stanno per arrivare nel nostro Paese altre importanti risorse che potrebbero fare la differenza.
Ma a questo punto siamo ormai consapevoli che l’attuale governo non sarà in grado di fare nulla di diverso di quanto finora compiuto.
Non si può più tergiversare !
L’Italia è ad un bivio importante della sua storia.
In questo Paese ci sono ancora degli uomini in grado di deviare il corso degli eventi prima di precipitare nel burrone.
Chi deve chiamarli al servizio del Paese lo faccia immediatamente !
LE MISURE PIU’ IMPORTANTI DEL DECRETO RILANCIO
Per semplificazione abbiamo prestato attenzione alle voci più consistenti dal punto finanziario che poi sono anche quelle maggiormente oggetto di attenzione dai principali organi di informazione soprattutto perché continuamente richiamate dai vari ministri ed in primis dal Presidente del Consiglio e dal Ministro dell’Economia.
Tentiamo nel contempo di dare una logica al provvedimento secondo le stesse espressioni utilizzate dal Governo che lo ha denominato “Decreto Rilancio”, in evidente contraddizione con il titolo che recita “decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
Abbiamo quindi deciso di fare, in modo molto sintetico, una classificazione delle misure più significative, sulla base della destinazione delle risorse e secondo la loro prevedibile efficacia distinguendole tra quelle destinate a imprese e cittadini per far fronte all’emergenza e quindi ai danni subiti dal Covid19 e quelle che potrebbero invece avere effetti più duraturi sull’economia del Paese, proprio a sostegno del suo rilancio come vorrebbe il Governo.
Partiamo da quelle indirizzate al sostegno alle attività economiche ed ai cittadini che compendiano gran parte del provvedimento.
A)
INTERVENTI DI SOSTEGNO A IMPRESE E CITTADINI PER FAR FRONTE ALL’EMERGENZA
Complessivamente si tratta di circa 85 miliardi, quasi il 55% delle risorse, tra saldo da finanziare ed indebitamento.
Di questi, una cifra importante, 30 miliardi vanno ad incrementare il fondo di garanzia della Sace, istituito con il decreto n. 23 del 2020. La dotazione iniziale di 1 miliardo di quel fondo si era rivelato, come era prevedibile, assolutamente insufficiente.
Presso il Ministero dell’economia viene costituito il Fondo di Garanzia della BEI con una dotazione di 1.000 milioni per partecipare allo Strumento europeo SURE.
Viene istituito il Fondo Patrimonio piccole imprese e medie imprese con una dotazione di 4.000 milioni.
Il Fondo di Garanzia presso il Mediocredito Centrale viene incrementato di 3.952 milioni.
I contributi a fondo perduto alle imprese valgono 6.192 milioni.
Oltre 5.300 milioni vanno a copertura finanziaria della esenzione di due rate dell’Irap e del Credito d’imposta per i canoni di locazione.
Insufficienti invece gli impegni finanziari per sostenere la ripresa del settore turistico che, come sappiamo, vale il 10% del Pil italiano. Si tratta di 2.170 milioni destinati in particolare alla esenzione dell’IMU, alla sospensione della Tosap e ad un bonus vacanze molto discusso in favore delle famiglie sotto forma di credito d’imposta.
Alla Cultura e all’editoria sono destinati 620 milioni.
Le misure a tutela delle filiere in crisi e per il miglioramento della qualità dei prodotti pesano per 600 milioni.
Una serie di interventi per circa 1.050 milioni vengono adottati a favore delle imprese dei trasporti ferroviari, marittimi ed aerei soprattutto a compensazione dei danni derivanti dai minori introiti per la contrazione del traffico.
Altri 110 milioni vanno a sostegno del fondo per l’innovazione tecnologica e di quello a sostegno alle attività economiche dei comuni delle aree interne.
Le misure che dovrebbero garantire liquidità immediata ai lavoratori pesano per 24 miliardi di cui 3.900 milioni per i bonus per autonomi e professionisti ( i famosi 600 euro) ed il resto tra prestazioni di cassa integrazione e contribuzione figurativa, reddito di ultima istanza, reddito di emergenza, indennità per lavoratori domestici.
Ci sono poi una miriade di altre misure per complessivi 5 miliardi.
B)
INTERVENTI CON EFFETTI A MEDIO TERMINE
Valgono complessivamente 22.450 milioni di euro pari al 14,5% dell’intera manovra.
Si tratta di misure economiche che, pur essendo legate all’emergenza, potrebbero determinare effetti più duraturi.
3.350 milioni sono destinati a rafforzare l’offerta sanitaria territoriale, le strutture del Servizio sanitario nazionale in ambito ospedaliero ed infine potenziare e riorganizzare la rete ospedaliera.
Il Fondo per le emergenze nazionali della Protezione civile viene implementato di 1.500 milioni.
Agli enti territoriali, regioni, province e comuni sono destinati 17.600 milioni dei quali 5.600 per l’esercizio delle funzioni fondamentali.
Gli altri 12.000 milioni vanno a costituire un Fondo presso il Ministero dell’Economia, previsto all’art. 115 del decreto, per dare una prima soluzione tampone ai debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese di cui 4.000 milioni vanno a pagare i debiti nei confronti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale.
Si tratta di una boccata di ossigeno per le imprese in attesa di vedere azzerati i propri crediti che ammontano complessivamente a 57 miliardi.
C)
ALTRI INTERVENTI
Una attenzione particolare meritano tre articoli del decreto.
1) L’art. 27 contiene una misura abbastanza significativa. Si tratta della costituzione presso la Cassa depositi e Prestiti di un Patrimonio di 44 miliardi di euro apportato dal Ministero dell’Economia e destinato al sostegno e al rilancio del sistema economico produttivo italiano. Le risorse saranno indirizzate sotto forma di aiuti alle società per azioni con fatturato superiore ai 50 milioni di euro con priorità per quelle che siano riconosciute di particolare valore tecnologico, che abbiano importanza per le infrastrutture critiche e strategiche, per la sostenibilità ambientale e per mantenere i livelli occupazionali. L’intervento può concretizzarsi anche attraverso operazioni di ristrutturazioni della società, di ricapitalizzazione o attraverso l’acquisto di azioni.
2) La creazione di una società controllata dal Ministero dell’economia nel settore aereo, finalizzato alla nazionalizzazione dell’Alitalia che viene realizzata in termini di saldo netto da finanziare e fabbisogno per 3 miliardi, di cui 2 prelevati dal fondo di cui all’art. 3 comma 3 del dl n. 3 del 2020.
3) La soppressione, contenuta dall’art. 123, delle maledette clausole di salvaguardia in materia di Iva e accise che pesavano per 20 miliardi e che dal lontano 2011 sono costate complessivamente 96 miliardi. Si tratta di minori entrate valutate in 19.821 milioni per il 2021 e 27.000 milioni per ciascun anno successivo.
DI SEGUITO PUBBLICHIAMO 4 TABELLE CON LE PRINCIPALI MISURE DEL DECRETO