DOPO IL G7 UN SUPERDRAGHI AL CONSIGLIO EUROPEO

ITALIA PROTAGONISTA IN EUROPA

Al Consiglio europeo – fissato a Bruxelles oggi e domani – il nostro Paese si presenterà come uno di quelli che sono stati capaci nei tempi e nei termini richiesti di presentare un Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) giudicato dalla Commissione europea perfettamente ancorato alle linee guida, ma soprattutto alle esigenze di avviare l’Italia verso l’uscita dal tunnel con la ripresa economica. Entro il mese di luglio arriveranno dall’Europa i primi 25 miliardi delle risorse assegnate al nostro Paese dal Next Generation Eu dal quale dipende la possibilità per l’Italia e per l’Europa di uscire da questa crisi drammatica.

Siamo soddisfatti ma certamente non possiamo dormire sugli allori. Il Piano presentato dall’Italia ed approvato dalla Commissione europea impone di impegnarci rapidamente per approvare quelle riforme necessarie per realizzare gli investimenti previsti. È lapalissiano come, da quando alla guida del Governo italiano c’è Mario Draghi, i giudizi dei partner europei siano tutti positivi. È una grande opportunità da non perdere perché per la prima volta dopo tanti anni l’Italia potrà tentare di influenzare le scelte politiche dell’Unione europea.

Il Consiglio europeo affronterà oltre ai temi della pandemia, quelli legati alla ripresa economica, ai migranti e alla politica estera con particolare attenzione ai rapporti con Turchia e Russia. Chi meglio dell’inventore del Quantitative Easing, con cui l’ex presidente della Banca centrale europea ha messo al sicuro il sistema finanziario continentale, potrà spingere l’Ue in direzione di una forte svolta politica e costringerla su tanti argomenti a parlare un unico linguaggio in politica economica ed estera.

Un segnale incoraggiante è venuto dal G7 dei giorni scorsi durante il quale si è riaffermata da parte dei 7 Grandi la vocazione atlantista ed in tal senso la necessità espressa da Italia, Francia e Germania di un ruolo rafforzato della Ue. Questa riunione del Consiglio europeo è molto più importante di quanto sembri, proprio perché i punti in discussione sono tali da incidere sui rapporti tra gli Stati membri e condizionare il futuro dell’Europa. Si tratta quindi di una riunione che, in linea con la Conferenza sul futuro dell’Europa avviata lo scorso mese di maggio, potrebbe rappresentare un nuovo inizio per il Continente.

Occorre però sciogliere alcuni nodi fondamentali sui quali è necessario trovare soluzioni condivise e riguardano il problema dei migranti, quello della politica economia, di bilancio e fiscale dell’Unione europea. I dati sulla situazione economica del nostro Paese e dell’intera Europa in questo momento sono incoraggianti. La ripresa è partita. Le previsioni sono ottimistiche e prevedono un tasso di crescita del 4 per cento quest’anno e per il 2022, ma è chiaro che non è sufficiente e il premier sa che sarebbe essenziale mantenere tali ritmi di crescita almeno per i prossimi cinque anni, durante i quali va mantenuta una politica espansiva. Ciò significa che bisogna fermare i sostenitori del ritorno al Patto di stabilità e crescita che, come sappiamo, a causa della pandemia è stato sospeso fino al 2022.

Il Patto di stabilità e la disciplina degli aiuti di Stato hanno bisogno di rimanere sospesi almeno fino alla conclusione delle riforme e degli investimenti previsti dal Next Generation Eu per il 2026. Non si può infatti pensare che mentre i Paesi sono alle prese con l’attuazione delle riforme e degli investimenti, l’Europa faccia un passo indietro e ripristini il Patto di stabilità che porterebbe a rientrare immediatamente dal deficit che in particolare in Italia, a causa dei vari scostamenti di bilancio di questo periodo, è arrivato quasi al 12 per cento. Tra l’altro, lo stesso presidente del Consiglio sembra particolarmente preoccupato del debito pubblico anche quando si tratta di un “debito buono”, che in Italia, nel solo 2020, è salito di quasi il 16 per cento sul Pil.

Non vogliamo insegnare il mestiere al premier Mario Draghi, ma forse sarebbe il caso che assumesse l’iniziativa per una rivisitazione degli interi principi su cui si basa il Patto. Sulle politiche fiscali diciamo, a scanso di equivoci, che aver deciso di fissare l’aliquota minima al 15 per cento per la tassazione delle grandi multinazionali non è sufficiente e non ci soddisfa, soprattutto perché la tassazione di riferimento delle altre imprese è molto più elevata.

L’altro tema che dovrà essere affrontato con determinazione dal Consiglio europeo è quello dei migranti, che proprio grazie a Mario Draghi è entrato nell’agenda della riunione. Esso investe il ruolo dell’Europa nel Mediterraneo e da problema emergenziale è diventato strutturale e destinato a condizionare totalmente il futuro dell’Europa e la sua popolazione dal punto di vista demografico ma soprattutto culturale. Dopo tre anni esatti in un consesso europeo si torna ad affrontare questo problema che si trascina ormai da oltre un decennio e se non affrontato seriamente rischia di travolgere l’intero Continente.

Non può essere certamente risolto in due giorni di riunioni, ma il Consiglio europeo dovrà stilare un cronoprogramma con una serie di impegni condivisi per arrivare in tempi brevi a risultati concreti. Dalle iniziative, che in tal senso saranno assunte, dipenderanno tante altre questioni anche di politica estera e di difesa, che riguarderanno la stabilità del Mediterraneo. Sembra singolare per un uomo che si occupa da una vita di economia, ma è proprio sulla questione dei migranti che il premier si gioca tutto il suo prestigio. Anzitutto dovrà chiedere l’impegno non solo formale ma sostanziale di tutti i Paesi per affrontare il nodo e contenere i flussi migratori illegali, contrastando le partenze illegittime e aiutando i Paesi di origine a stabilizzarsi.

Occorre quindi superare il regolamento di Dublino che si è dimostrato totalmente inadeguato perché l’Italia è rimasta da sola ad affrontare il fenomeno. È necessario che l’Europa salvaguardi i propri confini e non può lasciare i singoli Paesi a farlo: su questo non basta il semplice richiamo alla responsabilità congiunta. Il problema va affrontato in modo uniforme e complessivamente, tenendo presente che molti Paesi, non solo Ungheria e Polonia, hanno chiuso i loro confini ma lo hanno fatto anche la vicina Francia e la Danimarca. Il problema è globale e riguarda anche la rotta balcanica la cui soluzione non può essere delegata esclusivamente alla Turchia, che a tale scopo è stata destinataria di tantissime risorse finanziarie, ma che utilizza la questione come la spada di Damocle contro l’Europa ogni qualvolta aumentano le tensioni.

Per questo sarebbe opportuno accelerare sull’allargamento ai Balcani occidentali dell’Unione europea per togliere questa arma dalle mani di Recep Tayyip Erdogan con il quale occorre comunque fare i conti. Siamo sicuri che, grazie a Mario Draghi, l’Europa riuscirà a fare i necessari passi avanti per arrivare a condividere una visione strategica sull’equilibrio geopolitico nel Mediterraneo, passando attraverso rapporti più stretti con tutti i Paesi che si affacciano nel Mare Nostrum e in particolare con la Turchia verso la quale non si possono comunque sottacere i problemi legati ai diritti umani, ai diritti delle donne e alla quale quindi bisognerà chiedere a gran voce di rientrare nella Convenzione di Istanbul.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

error: Content is protected !!