L’UOMO CHE NON GIURÒ MAI FEDELTÀ ALLA MONARCHIA E ALLO STATUTO ALBERTINO

IL 10 MARZO 1872 MORIVA GIUSEPPE MAZZINI, PRECURSORE DELLA REPUBBLICA, L’APOSTOLO DELLA PATRIA E DEL RISORGIMENTO

Ogni tanto qualcuno in Italia si ricorda di commemorare il precursore della Repubblica, l’Apostolo della Patria e del Risorgimento.

Oggi le Poste italiane comunica che il Ministero dello Sviluppo Economico ha emesso un francobollo commemorativo di Giuseppe Mazzini, nel 150° anniversario della scomparsa.

In questa importante ricorrenza i REPUBBLICANI vogliono ricordare il Maestro negli ultimi anni della sua vita ed in particolare gli ultimi giorni.

Per questo nel nostro odierno contributo al 150° Anniversario della sua morte  riportiamo uno stralcio del ricordo pubblicato dalla Rivista «Giustizia e Libertà», nel numero  31 del 1937.

Il nostro orgoglio va all’uomo che non giurò mai fedeltà alla monarchia e allo statuto albertino.

Ricordiamo infatti che mentre era esule a Londra nel 1866 Giuseppe Mazzini fu eletto deputato del Regno d’Italia nel collegio di Messina per tre volte consecutive, dopo due mancate convalide,  perché condannato a morte, ma non accettò mai la sua elezione.

Da Londra si trasferì in Svizzera e poi nel 1870 quando giunse l’amnistia rientrò in Italia ma la monarchia che aveva sempre paura dell’indomito cospiratore repubblicano lo fece arrestare mentre giungeva a Palermo e lo fece rinchiudere nella fortezza di Gaeta dove il 20 settembre lo raggiunse la notizia della Breccia di Porta Pia che rivendicava Roma all’Italia.

Beneficiato dall’amnistia politica subito promulgata, aspirava a ricongiungersi con la sorella Antonietta benestante che viveva a Genova.

Le scrisse una lettera pregandola di volerlo accogliere in casa sua, ma Ella chiese consiglio al Priore della Parrocchia di Carmini il quale la diffidò dal “ricevere in casa il fratello, anima del Demonio, scomunicato” perché “avrebbe attirato anche su di lei i fulmini della vendetta divina… a meno che egli non si fosse convertito, facendo pubblica ammenda dei suoi peccati e rinnegando quanto aveva scritto o operato contro il papato, contro il clero, contro la Romana chiesa cattolica”.

La sorella lo informò e gli inviò  una copia delle Confessioni di Sant’Agostino invitandolo a pentirsi del suo passato.

Giuseppe Mazzini restituì il libro alla sorella, scrivendole che già lo conosceva e che era molto bello, ma aggiungendo che egli non aveva proprio nulla da ritrattare, né aveva bisogno di rinnegare e calpestare la sua fede e il suo passato.

E fu allora che, sotto il falso nome  di  George Brown, si rifugiò a Pisa, desiderato ospite dei signori Rosselli, stretti parenti della famiglia Nathan, cui egli era legato da vecchia fraterna amicizia.

Del soggiorno di Mazzini in casa Rosselli è cenno in uno scritto di Ferdinando Martini ( Professore della Scuola Normale di Pisa) che così comincia:
“Una delle finestre della Scuola Normale di Pisa, a Sant’Antonio, dava verso un orticello nel quale avevo visto più volte, in mattinate assolate, passeggiare un vecchietto di mediocre statura. Fortuna volle che una sera dell’inverno 1872 uscissi dalla scuola mentre passava per quella strada, accompagnato da un servo, il vecchietto medesimo.
Nonostante la cera malaticcia, il viso macilento e non bello, c’era nella bella fisionomia di quell’uomo tanto di pensosa gravità melanconica, che mi fece impressione; e, improvvisati fra me e me i rudimenti di una biografia, dedussi che quegli era certamente un forestiero o francese o inglese; forse uno scienziato venuto a Pisa per salute. Voltò in via della Maddalena, ed entrò nella casa n. 38. Chi stava in quella casa? Non lo sapevo, e lì per lì incuriosito, mi proposi di informarmene. Qualche settimana dopo, nel ripassare per la stessa strada, m’imbattei nel medico Rossini, che stava appunto uscendo da quella casa.
-Oh! Giusto lei, dottore: chi sta al n. 38?
-I signori Rosselli.
-Ci vidi giorni fa entrare un signore smunto, bassotto; deve essere un forestiero.
-È il mio malato. Lo lascio ora: il signor Brown.
-Ah! Un inglese! Ci ho indovinato.
-Eh! no. Anch’io dal cognome credei così da principio: ma poi, praticandolo -come può essere inglese- pensai -se parla l’italiano meglio di me? … Difatti, accortosi della mia incredulità, fu lui a dirmi, senza che io mi permettessi di domandarglielo, che abita da quarant’anni in Inghilterra, ma è italiano, di Genova.
-Lo avevo preso per un inglese e per uno scienziato.
-No, no: è un negoziante, ma ne sa più di molti scienziati: e quando comincia a parlare, si starebbe tutta la giornata a sentirlo.
E Ferdinando Martini prosegue narrando come poche settimane dopo Pisa e l’Italia tutta si inchinassero reverenti sulla salma di quel vecchietto che solo allora seppe essere Giuseppe Mazzini.

Giuseppe Mazzini chiuse gli occhi per sempre alle 13,30 del 10 marzo.

 

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