AL PAESE NON SERVE UN LIBRO DEI SOGNI

PERCHE’ IL PIANO COLAO NON FUNZIONERA’

COLAO: “IL COMPITO PASSA ALLA POLITICA”
CONTE: “IL PIANO E’ UNA OTTIMA BASE DI PARTENZA”

di Franco Torchia

Tutto come da copione !
Nulla di nuovo sotto il sole !
La Commissione di esperti guidata da Colao ieri ha terminato il suo incarico consegnando al premier Conte un Piano di lavoro di 121 pagine che prendono in esame 6 importanti comparti economici ed istituzionali del Paese.
Si tratta ovviamente di una elencazione di problemi per i quali la Commissione ha fornito una serie di indicazioni su cui eventualmente impostare le adeguate soluzioni per rilanciare il Paese
Imprese e lavoro, Infrastrutture e Ambiente, Turismo – Arte e Cultura, Pubblica Amministrazione,
Istruzione – Ricerca e Competenze, Individui e Famiglie.
Per questi comparti sono state redatte complessivamente 102 schede-lavoro.
E’ un lavoro encomiabile, ma non poteva essere diversamente.
Ma non è la prima volta, e purtroppo temiamo non sia l’ultima, che una Commissione predispone un piano di riforma.
Non c’è bisogno certamente di elencare i tantissimi “Libri bianchi” elaborati dai vari Governi che, di volta in volta, si sono cimentati per approvare delle riforme più o meno efficaci, in tutti i settori illustrati da Colao.
Su Imprese e lavoro vogliamo ricordare che, proprio quest’anno, ricorre il 50° anniversario della prima vera riforma, quello dello Statuto dei lavoratori. Per poi passare dal pacchetto Treu del 1997 alla legge Biagi del 2003, per arrivare infine alla abolizione dell’articolo 18 dello Statuto operato dal Jobs Act di Renzi.

Riteniamo che la chiave per realizzare il sogno di un Paese all’avanguardia e competitivo a livello internazionale è sicuramente riposta in tre settori strategici i quali, essendo appunto tali, negli ultimi decenni, sono stati oggetto di varie riforme, spesso con la maldestra ambizione di considerarle rivoluzionarie.

Infrastrutture e Ambiente:

Il Paese da anni è ormai letteralmente bloccato. Ci sono circa 150 miliardi di cantieri finanziati che però non riescono ad essere avviati.
Se pensiamo che la modernizzazione infrastrutturale del Paese è dovuta alla prima legge sulle opere pubbliche che risale al 1865, dovremmo soltanto vergognarci di essere riusciti successivamente a paralizzare il settore.
Quando nel 1994 il ministro Merloni fece approvare la legge quadro sui lavori pubblici per adeguare la normativa alle direttive europee, anche alla luce dello scandalo di Tangentopoli, fece sicuramente opera meritoria, ma da quel momento la normativa non ebbe più pace con continue modifiche che hanno condizionato la realizzazione delle infrastrutture.
Tanto che nel 2001, proprio per velocizzare e snellire la pesante burocrazia fu approvata la legge obiettivo.
Ma fu solo per breve tempo perché nel 2006 con l’approvazione del Codice dei Contratti Pubblici, a cui hanno fatto seguito decine di leggi attuative con l’affidamento delle regole della contrattazione pubblica all’ANAC e alle sue rigide linee guida, di fatto tutta l’attività legata ai lavori pubblici fu totalmente bloccata.
Una parziale soluzione si è trovata soltanto con il decreto Sblocca cantieri.

Pubblica Amministrazione:

E’ stata oggetto di vari interventi riformatori.
Dopo la legge 241 del 1990 sulla semplificazione amministrativa e trasparenza, le vere novità sono arrivate con le leggi Bassanini del 1997 – 98, a cui seguirono altri provvedimenti normativi, vanificandone nel tempo le vere finalità.
Nel 2001 la legge Frattini, nel 2009 la riforma Brunetta, nel 2015 la riforma Madia parzialmente invalidata dalla Corte Costituzionale e nel 2019 i correttivi del Ministro Bongiorno.

Istruzione, Ricerca e Competenze:

L’importanza della scuola nell’economia del Paese è stata spesso sottovalutata, soprattutto negli ultimi anni, quando a dirigere il Dicastero di Viale Trastevere sono state chiamate personalità mediocri o addirittura scadenti.
Di volta in volta vari ministri si sono prodigati a riformare il sistema scolastico.
Nel 1997 il ministro Berlinguer ha modificato l’esame di maturità.
Nel 2001 il ministro Moratti provò a semplificare e riordinare l’intero sistema dell’istruzione tentando di adattarlo alle esigenze del mondo del lavoro introducendo il sistema di alternanza scuola-lavoro.
La riforma fu bloccata nel 2006 dal ministro Fioroni.
Nel 2008 è intervenuta la riforma Gelmini ed infine nel 2015 con il governo Renzi è arrivata “ la buona scuola” della Giannini.

Su questi tre settori, Infrastrutture, Pubblica Amministrazione e Scuola si gioca la vera scommessa dell’Italia.
Ci auguriamo che su di essi si concentri l’attenzione degli Stati Generali che il Premier ha convocato.
Bisogna però operare con sapiente oculatezza, ma soprattutto con l’intelligenza politica che è la caratteristica principale degli statisti. Ma per farlo bisogna coinvolgere tutte le parti interessate a raggiungere l’obiettivo e quindi anche le opposizioni.
Senza tuttavia fare “ammuina” e senza privilegiare il proprio ego a discapito anche di chi ha preparato il piano.

Ma il vero sogno di quanti vorrebbero un Paese più dinamico e più competitivo continua a rimanere senza dubbio il disboscamento della burocrazia che è quella che in queste settimane ha dimostrato il peggio di sé.
In un momento di vera emergenza le strutture pubbliche, con l’Inps in prima linea, hanno dimostrato la loro inefficienza, facendo gridare alla scandalo.
Ecco, oggi al nostro Paese servono le cose più elementari. Non serve come ripete oggi Giavazzi sul Corriere della Sera “un libro dei sogni”.
Ce lo ripetiamo ormai da anni.

Serve che la politica affronti le questioni fondamentali che tutti conosciamo e che stanno incancrenendo tutte le strutture portanti delle istituzioni repubblicane ed il tessuto sociale ed economico del Paese.
Quando per leggere un decreto chiamato “rilancio” bisogna consultare per 620 volte la banca dati delle Leggi d’Italia e pensare che per dare attuazione alle norme in esso contenute ci sia bisogno di 103 provvedimenti.
Quando sento il presidente dell’Inps che accusa gli imprenditori di non far ripartire le proprie aziende perché vogliono approfittare dei sussidi dello Stato.
Quando soprattutto sento il ministro più importante di questo governo, il ministro Gualtieri, dire che se una banca non concede il prestito garantito dallo Stato, conviene cambiare banca.
Ecco allora credetemi.
Comincio a disperare!

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